Lo stato dell’arte delle fintech italiane

Per quanto l’esplosione delle fintech italiane sembra essere un evento piuttosto recente, è già passato un ventennio da quando l’Italia ha iniziato a investire nel settore.

Prima di allora, i sotto-settori della finanza quali l’istituzione banca, i servizi di pagamento, di finanziamento, di credito, le assicurazioni, la gestione patrimoniale e la regolamentazione, vivevano di luce propria.

La tecnologia, prima non essenziale, oggi è diventata uno dei cardini della loro effettiva esistenza, perché ognuno di essi necessita almeno di un’infrastruttura digitale.

Analizziamo adesso due delle tecnologie disruptive che stanno apportando i maggiori cambiamenti nel mondo delle fintech italiane.

Intelligenza artificiale e machine learning: come influenzano il futuro del fintech

L’AI e il machine learning sono ad oggi le spinte propulsive del settore fintech, dati i moltissimi campi di applicazione, tra cui il monitoraggio delle transazioni, la rilevazione di frodi o truffe, il trading algoritmico e il risk assessment del credito.

L’incredibile velocità di esecuzione di operazioni quali l’analisi del rischio ha reso possibile oggi ricevere un prestito istantaneo e godere di un più alto livello di sicurezza nei servizi di pagamento online.

La blockchain nel fintech

Millantata per la sua peculiare sicurezza, la tecnologia blockchain era stata comunque ignorata dagli istituti bancari perché vista in ottica concorrenziale.

I grandi vantaggi che offre, però, insieme alla forte corsa al digitale degli ultimi anni, l’hanno fatta tornare sulla cresta dell’onda. Tutto questo grazie alla possibilità di svolgere operazioni istantanee in ogni momento e al notevole risparmio che comporta sia per il cliente che per gli istituti.

Nel dettaglio, infatti, la blockchain è un database strutturato sotto forma di una catena di blocchi, ciascuno dei quali contiene una serie di informazioni. La particolarità del database in questione, però, è che le informazioni non possono essere modificate una volta che il blocco che le contiene viene aggiunto alla catena. Questo rende la tecnologia sicura, autorevole e trasparente e inoltre, essendo appoggiata su una rete peer-to-peer decentralizzata, comporta un ulteriore livello di fiducia perché elimina la necessità di fidarsi di un’autorità centrale (che è probabilmente uno dei pain point maggiori del mondo banca).

Qualche numero sulle fintech italiane

Il Politecnico di Milano ha costituito un Osservatorio Fintech & Insurtech per monitorare e analizzare la situazione italiana e ha condiviso da poco alcuni dati interessanti.

Dall’ultima analisi pare che le società che si occupano di tecnofinanza nel Belpaese siano 564 e che il valore complessivo delle fintech raggiunga 2 miliardi di Euro.

Eppure solo la metà di queste è riuscita a raccogliere capitale e si stima che il Fintech Index (l’indice delle attività di investimento e collaborazione degli incumbent con le fintech) sia decisamente inferiore rispetto agli altri paesi europei (solamente 5,7 su 10).

Le difficoltà del settore in Italia

Si è verificato fin da subito, e si tende a prolungare nel tempo, un accentramento degli investimenti nelle mani di pochi soggetti, sempre gli stessi.

L’open banking non è ancora conosciuto al punto da promuovere la collaborazione come invece si era pronosticato. Come approfondiremo nel paragrafo successivo, infatti, le dinamiche dell’open banking prendono vita grazie alla condivisione di dati tra i vari attori dell’ecosistema bancario.

Allo stesso tempo, gli incumbent, gli istituti finanziari presenti nel mercato, dimostrano di non avere le competenze digitali necessarie e i nuovi soggetti, come le startup, spesso subiscono limiti di compliance con disposizioni rigide rispetto all’innovazione.

Ciò che emerge mediamente è l’assenza di una cultura dell’innovazione, che dovrebbe portare ad un incremento nella collaborazione e nella cooperazione per le aziende e a un aumento nella percezione di credibilità dal punto di vista dei consumatori.

Le fintech italiane e l’open banking

Una delle tecnologie meno conosciute che potrebbero invece impattare in maniera significativa il mercato delle fintech italiane è l’open banking.

Con open banking si intende un nuovo paradigma che permette agli utenti di condividere le proprie informazioni e transazioni finanziarie con terze parti in grado di fornire loro servizi a valore aggiunto nel modo più sicuro possibile.

Grazie all’introduzione di questo nuovo paradigma tecnologico, si aprono nel mercato nuove possibilità di dare vita a nuovi modelli di business. Al momento però, come possiamo vedere nel rapporto dell’Osservatorio FinTech di PwC Italia, l’open banking in Italia è ancora in fase embrionale con forte focus sulla dimensione compliance e sta solamente iniziando a ricoprire un ruolo importante nella gestione del denaro (soprattutto per quanto riguarda la funzione di aggregazione dei conti corrente bancari).

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